Comunicazione: novità o tradizione?
“Nuovo è sempre meglio“. Queste sono le parole che Barney Stinson rivolge al suo migliore amico Ted nella serie TV How I Met Your Mother. Un intero episodio è dedicato all’aspra diatriba tra i due: uno, Ted, romantico e nostalgico, con un occhio perennemente orientato al passato; l’altro, Barney, sempre esuberante e dinamico, alla costante ricerca di nuovi stimoli ed esperienze che possano soddisfarlo. Ma nella comunicazione, chi vince? È meglio seguire la tradizione o cavalcare l’onda della novità?
In ambiti come quelli della moda e del design, uno stile vintage o un po’ retro risulta affascinante agli occhi di molti. Si porta dietro antichi retaggi che caricano di significatività e magia oggetti e tessuti. Altri, invece, sentono più l’esigenza di freschezza e innovazione, bisogno che può spingere a desiderare qualcosa di intonso, unico e speciale, ancora incontaminato o conosciuto da pochi. Lo stesso può accadere nella comunicazione: l’abitudine, ad un certo punto, lascia spazio al cambiamento e rimescola tutte le carte in tavola. E questo fa paura, com’è normale che sia.
Il cambiamento del proprio stile di comunicazione non passa solo dal modo in cui ci si esprime o dalle parole che si utilizzano, ma si tratta di un vero e proprio cambio di immagine. Un po’ come se un attimo prima siamo in pigiama e quello dopo abbiamo su un abito da sera. Ed è una grossa responsabilità, perché il cambiamento è di per sé pieno di incognite. L’abito che abbiamo scelto piacerà? Rispetterà il dress code? È forse troppo sciatto o è eccessivo? Di fronte ad una novità, raramente si conoscono le conseguenze delle nostre azioni e l’effetto che avranno. È praticamente impossibile stabilire quali comportamenti avranno una maggiore risonanza e quali passeranno più in sordina. Quello che sappiamo è che le modifiche che apporteremo al nostro stile, in un modo o nell’altro, creeranno qualcosa di diverso da prima. Per dirla in termini matematici, se in un’operazione cambiamo il segno da “+” a “-“, il risultato sarà sicuramente diverso da quello previsto inizialmente. E non è detto che il numero finale sarà positivo.
A questo punto, il nostro Ted direbbe qualcosa come: “Ma chi me lo fa fare! Perché dovrei cambiare il mio modo di essere se non ho neanche la garanzia che le cose andranno meglio? E se fallisco?”. E Barney, dal canto suo, in un momento di saggezza potrebbe ribattere: “Sì, ma tu sei felice di essere come sei sempre stato?“.
Quella della novità, in sostanza, è una necessità. Ed è giusto assecondarla quando si ha la sensazione che un vestito ci vada stretto o non faccia più per noi. Per quanto ci venga difficile pensarlo, inoltre, non avviene dall’oggi al domani. Siamo così propensi a credere che il cambiamento equivalga a passare da 0 a 100 che spesso dimentichiamo di tutti i numeri che stanno nel mezzo. Eppure ci sono e si passano tutti, a volte facendo anche qualche passo indietro.
Possiamo quindi andare a fare shopping, compatibilmente con il nostro budget, e sostituire i vecchi abiti che abbiamo nell’armadio con qualcosa di nuovo. Ma nulla ci vieta di andare in sartoria e far cucire dei nuovi tessuti su una vecchia stoffa, creando qualcosa di nuovo e unico a partire da quello che avevamo già. Ted e Barney sarebbero felici: è il perfetto compromesso!