Ti capisco, ti comprendo, ti perdono
Non dimentico. Non cancello tutto quello che è stato né ti permetto di ripeterlo. Non vorrei neanche che rifacessimo tutto allo stesso modo, tornassimo indietro. Però ti perdono.
Cosa significa?
Perdonare non è schiacciare reset e fare finta che non sia successo niente. Anche una famosa frase diceva “io perdono ma non dimentico”. Ed è un gran bene, perché per perdonare qualcuno è necessario ricordare. Ricordare come ci siamo sentiti al subire un torto o un tradimento, per essere più esigenti in futuro e non accettare di nuovo delle condizioni che ci rendono infelici. Ma anche ricordare il bene che ci è stato regalato prima di quel momento, perché è più facile perdonare chi tiene a noi. Tuttavia, subire una delusione proprio da coloro che amiamo di più non ha nulla di semplice o piacevole e questo, in alcune occasioni, può rendere la strada del perdono ancora più lunga. Ma allora come si fa?
Il vocabolario può venire in nostro aiuto. Sì, perché il perdono passa prima di tutto da due concetti: capire e comprendere. Spesso li utilizziamo come sinonimi, ma in realtà hanno sfumature leggermente diverse. Lo spiega molto bene Irene Facheris, in arte Cimdrp, nel suo libro Creiamo cultura insieme.
- “Capire” significa conoscere il significato delle parole usate, cogliere la struttura utilizzata per costruire una frase. Ad esempio, quando chiediamo spiegazioni a qualcuno, delle argomentazioni confuse ci impediscono di capire ciò che l’altro sta dicendo. Potrebbe omettere dei passaggi logici o riferirsi a qualcosa che non conosciamo. Per potersi confrontare bisogna innanzitutto capirsi. Una volta buttate queste basi, si può procedere con il passaggio successivo;
- “Comprendere” significa afferrare il senso di qualcosa. Non si tratta solo di riformulare, di saper spiegare a parole nostre ciò che l’altro ci dice, ma anche di capire perché ha intrapreso proprio quell’azione, quali erano i suoi intenti, i suoi obiettivi e le sue motivazioni.
Attenzione però: comprendere non significa né condividere, né giustificare il comportamento di qualcuno. In altre parole, anche se abbiamo chiaro cosa ha spinto l’altro ad agire in un certo modo, non significa che anche noi avremmo fatto la stessa cosa (condividere) o che lo solleviamo dalle sue responsabilità (giustificare). Se qualcosa ci ha ferito, il danno rimane. Eppure, nonostante questo, possiamo perdonare. E per farlo dobbiamo riformulare i nostri presupposti iniziali.
Non dimentico la mia sofferenza, non dimentico il tuo gesto. Non cancello tutto quello che è stato né ti permetto di ripeterlo, perché non ti sollevo dalla tua responsabilità e non giustifico il tuo comportamento: mi hai fatto male e non voglio che tu me ne faccia di nuovo. Non vorrei neanche che rifacessimo tutto allo stesso modo, tornassimo indietro, perché non lo condivido. Io non avrei fatto così. Però ti perdono, perché capisco ciò che mi hai detto e comprendo perché tu lo abbia fatto.
Ci farebbe ancora più male portare rancore invece di accettare quanto è successo e andare avanti. E io ti voglio troppo bene per far sì che questo accada. E sai che c’è? Me ne voglio anch’io.
Magari mi ci vorrà tempo, però va bene così. Ti capisco, ti comprendo e sì, ti perdono.